Maurizio Primanni, tra gli ospiti del round table della Digital Week Asset Management intitolato “Fattore M&A: tra concentrazioni e acquisizioni, cosa serve per sopravvivere nel futuro dell’asset management e dell’advisory” ha spiegato che impatto potrebbe avere, nell’immediato, la rivoluzione digitale sulle professioni che si interfacciano con il mondo dell’asset management e dell’advisory:
“Il digitale ha avuto una grande accelerazione in quest’ultima fase, dopo la crisi sanitaria che abbiamo vissuto. Noi abbiamo fatto una ricerca anche su quello che era successo sul territorio cinese prima ancora che si sviluppasse questa accelerazione digitale in Italia e avevamo visto come per le banche l’accelerazione digitale era stato un modo per rendersi sempre più dei punti di riferimento verso i clienti anche per dare dei servizi esterni rispetto ai servizi tradizionali che offre una banca. Ora, è chiaro che questa grande accelerazione, nel momento in cui si uscirà da questa emergenza sanitaria, avrà un minimo di rallentamento, però c’è stata e l’elemento digitale diventa, in modo sempre più rilevante, una delle caratteristiche fondamentali del modello di servizio della consulenza finanziaria e dei consulenti finanziari. Questo è il motivo che mi ha spinto a razionalizzare un po’ le idee nel mio libro (“Il Consulente Finanziario Digitale”, n.d.r.). Io credo che nel futuro assisteremo di base a due grandi effetti: da una parte gli intermediari dovranno inevitabilmente sempre più fare i conti sul confronto che faranno i clienti tra il livello di servizio che percepiscono dalle grandi società tecnologiche che sono nate per dare dei servizi ai clienti con modelli di business digitale, e il servizio che danno gli intermediari. Quindi questo confronto sarà sempre più presente nel modo di valutare il servizio percepito da parte del cliente e gli intermediari non potranno non tenerne conto. Dall’altra parte se andiamo invece al referente del cliente, al consulente, il consulente dovrà cercare di inserire sempre di più la leva digitale all’interno del proprio modello servizio. Quindi il consulente dovrà, nel futuro, passare da una modalità di relazione con il cliente che è stata prettamente fisica — anche perché il suo modello di servizio ha sempre valorizzato molto la prossimità, l’elemento di ascolto con il cliente — a una modalità in cui dovrà mixare tale elemento con la relazione digitale. E la relazione digitale, ce ne siamo accorti tutti in queste fasi in cui abbiamo dovuto lavorare da casa, è diversa, ha delle sue caratteristiche, ha delle sue peculiarità. Per cui, oltre al tema degli investimenti digitali che dovranno realizzare gli intermediari, c’è anche uno sforzo che dovranno fare tutti i consulenti nell’apprendere quelle che sono le competenze necessarie a gestire la relazione con il cliente sul canale digitale. Faccio un esempio: sul canale digitale l’esperienza ha dimostrato che si va direttamente al sodo. Si guarda in modo più diretto l’elemento oggettivo, il numero, la performance, la rischiosità del portafoglio. Tutti temi che necessitano di un adeguamento del modo con cui il consulente si relaziona con il cliente”.