di Maurizio Primanni, CEO del Gruppo Excellence, per il mensile Bluerating (aprile 2024)
Dalle colonne di questa testata abbiamo spesso ricordato quanto sia importante per il consulente finanziario abbinare l’aspetto delle competenze e delle conoscenze tecnico/finanziarie/relazionali a quelle tecnologiche. Sappiamo bene come la crescita delle reti, che dal loro avvento hanno via via aumentato l’acquisizione di quote di mercato a discapito delle banche commerciali, è dovuta in alquanta parte al ricorso a strumenti come i roboadvisor. Oggi l’intelligenza artificiale pone nuove sfide. Gli investimenti e le attenzioni nei suoi confronti devono essere non meno evoluti e veloci della sua diffusione.
Pensiamo a quanto sta succedendo con l’intelligenza artificiale generativa, ossia il suo utilizzo per la creazione di nuovi contenuti, come testi, immagini, musica, audio e video, che sta creando problemi di tipo non solo etico, ma anche occupazionali e sindacali nel mondo delle professioni intellettuali.
È quindi positivo che il Parlamento europeo ha approvato la legge sull’intelligenza artificiale per proteggere i diritti fondamentali e la democrazia dall’intelligenza artificiale ad alto rischio, stimolando al contempo l’innovazione. Anche l’Assemblea generale dell’Onu ha appena adottato per consenso la risoluzione preparata dagli Usa che chiede degli standard per affrontare i rischi dell’intelligenza artificiale.
Il mercato dell’IA nel banking secondo McKinsey varrà oltre 1.000 miliardi di dollari entro il 2030, il 60% dei quali destinati ad applicazioni impiegate a supporto del marketing e delle vendite. In Italia, il comparto finanziario inizia ad approcciarsi in modo sempre più deciso all’intelligenza artificiale.
Secondo una nostra ricerca, svolta nel 2023 con Dataskills, società del nostro gruppo specializzata in data science e analytics, l’intelligenza artificiale innovation sta ampliando i propri ambiti di applicazione nel banking: modelli di servizio, customer experience, campagne commerciali, evoluzione dell’offerta, ottimizzazione dei processi interni, governance, gestione rischi etc.
Se utilizzata in modo adeguato, l’intelligenza artificiale può certamente migliorare l’attività del consulente, aiutandolo, non solo a governare un maggior numero di clienti, gestire in modo più efficiente le sue informazioni e personalizzare la consulenza, ma persino a superare il digital divide, così da colmare il disallineamento che spesso persiste ancora tra il consulente e le tecnologie digitali.
È fondamentale, oltre che avere un approccio coerente e sistemico sui fattori critici di successo (cultura aziendale, governance, competenze, presidio della qualità dei dati, gestione dei modelli di innovazione e della compliance), approntare degli strumenti di intelligenza artificiale disegnati a misura di consulente. Sarà quest’ultimo che, paradossalmente, dovrà, “attivamente e non passivamente”, cambiare abitudini.
Dovrà essere la macchina ad adeguarsi al consulente, che deve conservare quella specificità umana, quelle qualità empatiche ed emozionali che sono il cuore e il valore aggiunto della consulenza. La macchina non sostituirà il professionista, se quest’ultimo saprà mutare mantenendo la propria originalità.
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