II mondo della consulenza finanziaria e del risparmio gestito sono in fermento a causa della guerra delle commissioni che sta caratterizzando le diverse società di gestione che operano in Italia. Per capire cosa sta succedendo e quali sviluppi potrebbe avere questa tendenza abbiamo parlato con Maurizio Primanni, ceo di Excellence Consulting.
Il 2022 è iniziato con la guerra delle commissioni tra le varie società di gestione. A cosa è dovuto questo fenomeno?
“Il mondo della gestione del risparmio sta subendo elementi di discontinuità evidenti. Assistiamo a un rimescolamento dei contenuti dell’offerta, che riflette a sua volta dinamiche evolutive sia interne al settore sia relative alle esigenze dei clienti. Possiamo segnalare al riguardo varie tendenze: i prodotti passivi, i prodotti Esg, i prodotti assicurativo-finanziari di nuova generazione, i prodotti alternativi ecc. È chiaro che in uno scenario di così grande innovazione, si affacciano sul mercato operatori nuovi o già presenti con quote minoritarie che vogliono crescere e tutti cercano di affermarsi anche attraverso politiche di pricing aggressive. Ciò facendo, determinano un rischio di contrazione dei margini per l’intera industria della consulenza finanziaria”.
È un fattore temporaneo o è destinato a durare anche in futuro?
“La situazione è destinata a durare, perché da un lato questo tipo di offerta prevede tempi suoi propri di affermazione sul mercato, mentre dall’altro alcune aree come i prodotti Esg e gli alternativi assecondano bene le prospettive odierne della politica e dell’economia. Tuttavia, credo la risposta a questa domanda vada inquadrata in un ragionamento più ampio. Come ormai verificato da tempo, la tendenza delle banche è di andare verso l’internalizzazione delle attività di assemblaggio di prodotti finanziari contenitore, la cui gestione poi può essere delegata a uno o più gestori. Stiamo parlando di una sorta di fai-da-te, nel senso positivo del termine, nello sviluppo dei prodotti, che non vengono più accolti come preconfezionati dai gestori, ma sempre più spesso realizzati a misura delle esigenze e delle aspettative del cliente e della sua famiglia. Questa attitudine a nostro avviso tenderà a consolidarsi nel medio termine, se non altro perché essa è più remunerativa per l’industria”.
Che riflessi ci sono per i consulenti finanziari?
“I consulenti finanziari, per una sorta di meccanismo intrinseco di crescita e di sguardo proiettato al futuro proprio del loro DNA, hanno da tempo avviato un processo di evoluzione del loro modello di business. Accanto alla sempre complessa e articolata consulenza finanziaria, sempre più di frequente i consulenti affiancano la proposta di altri prodotti e servizi, dai già citati prodotti contenitore, all’offerta dei prodotti assicurativi di protezione, ai prodotti e servizi bancari, come il credito. Se anche assisteremo a un calo generalizzato dei prezzi dell’offerta dai gestori, gli eventuali minori guadagni per i consulenti saranno certamente compensati appunto dai ricavi per l’offerta di nuovi prodotti e servizi. In definitiva, i consulenti hanno già la soluzione”.
Cosa dovrebbe fare un consulente per mantenere invariate le sue commissioni?
“La risposta a questa domanda è in tanta parte in quella precedente. Tuttavia, vanno fatte altre considerazioni che possono essere il presupposto per migliorare e guardare a ulteriori sviluppi futuri. La premessa di questo nostro ragionamento è che il consulente deve possedere flessibilità e velocità di reazione rispetto all’evoluzione dei comportamenti dei clienti. Una sintesi di quanto detto sopra – capacità di agire sul pricing della propria prestazione, assemblare prodotti originali e differenziare l’offerta – ha un’ulteriore conseguenza: lo spostamento da un’ottica finanziario-centrica a una patrimonio-centrica. Il consulente deve andare oltre la prospettiva del solo patrimonio finanziario, ma farsi carico del patrimonio a tutto tondo del cliente, dai suoi investimenti fino alle sue attività imprenditoriali e al suo patrimonio immobiliare. Una scelta questa, a ben vedere che consente al professionista non solo di guadagnare maggiormente, ma anche di fidelizzare ancor di più i clienti”.
Reti di consulenza a prova di pandemia
Nonostante due anni di emergenza legati alla pandemia le reti di consulenza finanziaria sono riuscite ad aumentare il numero di clienti e gli asset in gestione strappando alle banche tradizionali una ghiotta fetta di clientela. Secondo gli ultimi dati di Assoreti relativi al mese di gennaio 2022 i clienti dei consulenti finanziari italiani sono saliti a 4,816 milioni, in crescita del 7% rispetto al gennaio 2020 mentre il patrimonio in gestione ha raggiunto i 786,4 miliardi di euro facendo registrare un progresso del 27% nel corso degli ultimi due anni. Un risultato questo dovuto sia ai nuovi flussi di raccolta che all’effetto mercati. Di questi, 554 miliardi di euro sono stati investiti in prodotti del risparmio gestito come fondi comuni, gestioni patrimoniali e prodotti assicurativi/ previdenziali (il 70,5% del portafoglio) e 109,6 miliardi di euro in strumenti finanziari amministrati come azioni, obbligazioni, certificati ed Etf. Infine, la liquidità dei clienti si attesta a 122,8 miliardi di euro, con un’incidenza in portafoglio del 15,6%, che si è confermata sui livelli pre-pandemia.
In questo scenario c’è spazio per una remunerazione a parcella dei consulenti finanziari?
“La consulenza fee only è causa di dibattito ricorrente tra addetti ai lavori, analisti e commentatori. Ciò, non troppo casualmente, riflette anche il fatto che la consulenza finanziaria negli Usa – paese che, oltre al Regno Unito, anche per quanto riguarda la finanza è un modello di riferimento – è fee only. Tale tendenza oltreoceano si è imposta quando tra i prodotti offerti la parte del leone la facevano i cosiddetti “passivi”, la cui marginalità è piuttosto contenuta. In Italia possiamo stimare che la consulenza a pagamento, sovente con costi per il cliente on top a quelli dei prodotti, non arrivi al 10% del mercato totale. Ciò significa che anche nel nostro paese c’è spazio per il fee only. La riflessione deve essere però contestualizzata rispetto al quadro dettagliato: dai prodotti offerti, valutando di volta in volta il loro costo e quanto siano remunerativi, al tipo di cliente con cui si lavora, la storia della relazione con lui, il suo grado di fidelizzazione, le prospettive di crescita del fee only nel futuro andranno valutate in un’ottica di reciproco vantaggio tra consulenti e clienti”
Questa intervista a Maurizio Primanni, ceo del Gruppo Excellence, è stata pubblicata sul numero di marzo 2022 di Wall Street Italia