articolo di Maurizio Primanni, CEO del Gruppo Excellence, per il mensile Bluerating.
Il Retail Investment Package è un provvedimento certamente complesso e avrà delle conseguenze, alcune positive, altre meno. Per questo fanno bene i rappresentanti del mondo del risparmio gestito, delle banche e delle assicurazioni europee a esprimere le loro preoccupazioni e le loro proposte. Dico subito che, in generale, la mia opinione è favorevole: questa norma da un lato asseconda lo spirito originario per cui ha preso il via, la volontà cioè di spingere più cittadini europei sui mercati dei capitali, recuperando il ritardo rispetto ad altri mercati, in particolare quello statunitense; dall’altro, proprio grazie a questa norma l’industria ha più strumenti per dare al cliente sia maggior valore che servizio. Già la premessa del legislatore, quella di preoccuparsi e fare l’interesse del cliente, è foriera di importanti e utili novità per il settore.
L’elemento centrale
Gli autori non hanno stravolto l’elemento centrale, cioè che la funzione della consulenza è quella di creare valore per il cliente, ma ciò non contraddice il valore della consulenza, che deve sempre poggiarsi sulla tutela dei risparmi delle famiglie, semmai la integra. Il vero punto è che, per la prima volta in modo forte, c’è la determinazione di preoccuparsi della valutazione del costo dei prodotti che vengono venduti al cliente. Di qui in avanti, cambia la prospettiva: oltre gli elementi di rischio e rendimento, viene introdotto il fattore costo. Tutto ciò, se ben interpretato, con le modalità e i tempi dovuti, non può che rappresentare un’opportunità e uno stimolo per l’industria per creare ulteriormente valore per i clienti. Anche l’introduzione dei benchmark andrebbe letta in chiave non riduttiva, ma migliorativa. Una delle caratteristiche più importanti, anche se meno note del benchmark, è che è un formidabile motore della trasparenza sia verso l’esterno, cioè i clienti, che l’interno, vale a dire l’industria. Tramite l’orientamento verso parametri di benchmark, vedendo quanto fanno i competitor, l’industria sarà capace di migliorare ulteriormente sé stessa. Il benchmark ha anche una funzione per così dire inclusiva. Dal legislatore europeo, che deve andare a modellare le situazioni dei singoli Stati, necessariamente e storicamente molto diverse l’una dall’altra, non si possono che aspettare regole molto ampie. Sicuramente in un certo senso c’è il pericolo della burocratizzazione, ma ciò non compromette il mio giudizio: il provvedimento complessivamente mi pare positivo. Su altri punti condivido la presa di posizione delle associazioni che rappresentano il settore della consulenza finanziaria in Europa. Mi riferisco all’ulteriore appesantimento operativo che provvedimenti di questo tipo portano con sé.
Cambiamenti notevoli
Forse il legislatore non è riuscito a partorire il giusto trade off, il corretto bilanciamento tra, da un lato i controlli e i vincoli, dall`altro la produttività e l`efficienza dell`industria. Non è facile: da un lato non eccedere con le norme, dall`altro non esporsi troppo ai rischi. Anche sui tempi previsti, come le associazioni dei consulenti, ho perplessità. Quando si tratta di cambiamenti notevoli come quelli di cui stiamo parlando, che presuppongono mutamenti operativi e comportamentali da affrontare con molta cura da parte delle aziende, le scadenze andrebbero maggiormente meditate e bisognerebbe concedere tutto il tempo per la miglior riuscita della messa a terra delle nuove regole.
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