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‘Quiet quitting’: quando è l’ambiente di lavoro a fare la differenza

di Giovanni Frangi, Associate Partner di Excellence Education

In questi ultimi mesi mi trovo a leggere e ad interessarmi ad un fenomeno che sta diventando sempre più presente nel mondo delle imprese: il quiet quitting.

Il quiet quitting, o dimissioni silenziose, è una strategia utilizzata da alcune persone per lasciare il loro lavoro senza annunciarlo pubblicamente o senza dare preavviso. E’ una modalità di ritiro dalla propria attività quotidiana in modo silenzioso quasi un desiderio di scomparire lentamente.

Cosa provoca questo desiderio di “tirare il freno a mano” della propria esperienza lavorativa?

Autorevoli studiosi del fenomeno identificano le ragioni di questo comportamento in poche specifiche motivazioni:

  • Stress o insoddisfazione lavorativa con la propria attività che diventa poco gratificante
  • Prospettive di carriera insoddisfacenti con i lavoratori che non vedono alcuna possibilità di crescita o di avanzamento nella propria attuale posizione
  • Problemi di salute mentale dovute ai sovraccarichi o alla depressione
  • Mancanza di supporto da parte di colleghi o dal management
  • Nuove opportunità di vita che fanno leggere la propria attività lavorativa come poco interessante e quindi non degna di essere vissuta.

Certamente in tutto questo c’è del vero, ma questo insieme di cause molto teoriche come si può declinare in modo concreto?

Mi sembra molto interessante il sondaggio che il Gruppo Excellence ha proposto attraverso LinkedIn ai propri follower che cercava la spiegazione del fenomeno attraverso quattro tematiche molto esplicite:

  • La presa di coscienza post Covid 19 che il mondo e i valori sono cambiati a seguito della emergenza pandemica che ha condizionato le nostre vite
  • La presenza di una leadership inadeguata in azienda che non comprende e non valorizza le risorse     
  • Una insoddisfazione verso le proprie prospettive di carriera
  • Un generalizzato desiderio di rallentare nella propria esperienza lavorativa.

Su questi quattro punti il popolo social ha dato il suo parere popolando nel seguente modo il risultato:

  1. Insoddisfazione vs carriera                    36%
  2. Leadership Inadeguata                           25%
  3. Presa di coscienza post Covid 19         24%
  4. Voglia di rallentare                                  14%

Da una prima osservazione del risultato appare evidente come le risposte si siano polarizzate attorno a due macrogruppi che potremmo definire come cause endogene, cioè relative all’ambiente di lavoro (punti 1 e 2) e cause esogene, indipendenti dallo stesso (punti 3 e 4).

Seguendo questo filone di pensiero è chiaro che il 61% delle ragioni di adesione al quiet quitting sono relative a cause interne al luogo di lavoro.

E’ interessante che, ancora una volta, a fare la differenza sia l’ambiente nel quale una risorsa è inserita che è sicuramente influenzato dal comportamento dei manager che determinano la carriera di una persona piuttosto che l’andamento dell’ecosistema definito dallo stile di leadership.

La presa di coscienza di quanto riportato poc’anzi non può lasciare indifferente la classe dirigente delle aziende che hanno la responsabilità di agire affinché il quiet quitting non diventi una seconda “pandemia” provocando danni di natura organizzativa oltre che di impatto economico.

E’ quindi un dovere degli imprenditori agire sul management delle imprese perché evolva i propri stili di leadership adattandoli ai cambiamenti generazionali dettati dalla popolazione aziendale sempre più pervasa di appartenenti alla Gen Z e Millennials legati a valori che non possono essere più quelli appartenuti ai Boomers o alla Gen X.

I nuovi leader dovranno essere capaci di affrontare la complessità derivante dalle nuove sfide imposte dal lavoro ibrido, dalle tematiche della gender equality, dall’attenzione alla sostenibilità e all’ambiente e dalla capacità di relazionarsi con l’ecosistema aziendale non parlando per categorie rigide, ma adattando linguaggi e comportamenti ai singoli.

Il risultato sarà sicuramente vantaggioso per le imprese che si ritroveranno livelli di employee experience molto più elevati, retention più alte e fidelizzazione delle risorse molto più semplice.

Tutto questo sarà possibile solo attraverso il cambiamento culturale delle classi manageriali che non potranno più sottrarsi all’accettazione di questi cambiamenti epocali nell’approccio al lavoro.

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Whistleblowing

L’Istituto del “Whistleblowing” è riconosciuto come strumento fondamentale nell’emersione di illeciti; per il suo efficace operare è pero cruciale assicurare una protezione adeguata ed equilibrata ai segnalanti. In tale ottica, al fine di garantire che i soggetti segnalanti siano meglio protetto da ritorsioni e conseguenze negative, e incoraggiare l’utilizzo dello strumento, in Italia è stato approvato il D.Lgs. n.24 del 10 marzo 2023 a recepimento della Direttiva (UE) 2019/1937 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni.

Il decreto persegue l’obiettivo di rafforzare la tutela giuridica delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o europee, che ledono gli interessi e/o l’integrità dell’ente pubblico o privato di appartenenza, e di cui siano venute a conoscenza nello svolgimento dell’attività lavorativa.

Segnalazione

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