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Sfida aperta sul Corporate Advisory

Di Maurizio Primanni, CEO del Gruppo Excellence, per il mensile Advisor

La consulenza delle reti di consulenti finanziari è storicamente legata al cambiamento del contesto economico-finanziario e a quello della domanda, elementi che, uniti alla conseguente trasformazione dell’offerta, si traducono ed esprimono l’evoluzione della professione. Negli anni 70-80 le banche si limitavano a vendere i prodotti delle fabbriche di casa, con le SGR che dovevano seguire una normativa specifica. Gli anni ’90 sono quelli dell’architettura aperta: gli istituti di credito, oltre ai prodotti costruiti in Italia, iniziano a vendere anche soluzioni sviluppate e gestite da fabbriche di prodotto di investimento terze. Dagli anni duemila comincia ad allargarsi la platea delle case terze coinvolte in Italia per avere la capacità di rispondere a tutto tondo agli interessi dei clienti: vengono così proposti prodotti su misura, gestiti da asset manager worldwide, operatori presenti con gruppi in tutto il mondo, capaci di investire su base globale, si pensi a BlackRock, Vanguard o State Street.

CONSULENZA PATRIMONIALE
Un cambio di paradigma più deciso, soprattutto nel nostro Paese è dovuto alla normativa, in particolare a MiFID I, che entra in vigore il 1° novembre 2007. È da allora che con sempre maggiore consapevolezza gli operatori realizzano un approccio dicotomico tra un modello di servizio maggiormente orientato alla proposizione di prodotti di investimento rispetto a un altro più focalizzato sulla consulenza nella gestione del patrimonio finanziario della clientela. Va detto che questa spinta è stata anche agevolata da un fenomeno di progressiva concentrazione della ricchezza finanziaria presso la clientela private e da una crescente sofisticazione dell’offerta di prodotti e soluzioni di risparmio gestito. Nascono nel tempo anche i primi modelli di servizio focalizzati sulla consulenza patrimoniale, di cui ricordiamo tra i primi quello di Fideuram, Banca Generali, Allianz Bank, Azimut. Si afferma pienamente quella visione che considera il cliente in modo olistico, che non guarda solo ai suoi investimenti ma anche al suo patrimonio alla luce delle caratteristiche, delle aspettative, delle ambizioni sue e della sua famiglia. L’orientamento è verso l’offerta di un ecosistema di servizi di consulenza che sia capace di rispondere alle esigenze di gestione di tutto l’asset patrimoniale dei clienti: dall’ottimizzazione degli investimenti finanziari a quelli immobiliari, all’ottimizzazione fiscale, alle tematiche del passaggio generazionale e via dicendo.

PRIVATE E CORPORATE ADVISORY
È ancora la normativa, con MiFID II, al via il 3 gennaio 2018, a indurre un ulteriore sviluppo: quello dell’allargamento dei servizi di private e corporate advisory. Le banche sempre più diventano consapevoli del fatto che tra i diversi asset dei loro clienti, l’impresa, spesso di famiglia, è sempre più strategica per una larga fetta di clientela. Si va in questa direzione, non solo perché l’azienda rientra nell’ambito patrimoniale dei clienti, ma per la trasformazione stessa degli imprenditori italiani, sempre più maturi e meno padronali, e con le nuove generazioni aperte sempre maggiormente all’utilizzazione di servizi professionali qualificati (gestionali, finanziari, fiscali, etc.) per via della complessità che richiede la gestione di un’azienda. Pensiamo ad attività proprie di tale consulenza: dai prestiti al factoring, ai servizi relativi al personale, alla tesoreria, alla fiscalità. Per non dire di sfere molto specialistiche, come quelle della finanza alternativa alle banche, con il ricorso cioè a forme di finanziamento in debito (minibond, crawdfunding, invoice trading, direct lending) o nel capitale (private equity e venture capitai) o attraverso quotazione in borsa su listini specifici per le Pmi come Euronext Growth Milano.



MODELLO POLI O MONO-CONSULENZIALE
Le reti dei consulenti finanziari, innovative nel loro DNA, hanno già iniziato a dedicarsi al presidio di questa evoluzione. Possiamo citare il marketplace per le imprese di Azimut, ma sono da segnalare anche altre esperienze importanti, come quelle dei progetti di sinergia tra private e corporate avviati da numerose banche private appartenenti a gruppi bancari per favorire il coordinamento con i colleghi che si occupano più direttamente di aziende. Se è vero che altre iniziative sono in fase di studio e/o stanno per essere approntate da altre banche reti, è altrettanto importante fare chiarezza su che tipo di modello consulenziale ne deriva per i clienti. Mentre le banche commerciali che offrono anche servizi di corporate advisory utilizzano un approccio specializzato (un consulente dedicato agli investimenti che nei progetti di gia si affianca ad un altro rivolto all’impresa) la tendenza delle reti è quella di ricorrere a un unico consulente finanziario, che si faccia carico, anche attraverso il supporto di specialisti messi a disposizione dalla banca, di rispondere totalmente alle diverse possibili esigenze del cliente imprenditore, sia che afferiscano alla sfera privata sia a quella dell’azienda di famiglia. Ciò è dovuto alla diversità dei criteri di business e della forma mentis dei consulenti delle banche commerciali rispetto a quelli delle reti. Le prime hanno una struttura che tende a offrire servizi per così dire più semplici nel loro confezionamento, forniti da professionisti specializzati nel dettaglio di tali prodotti, le seconde hanno un orientamento complessivo che necessita di esperti con una notevole capacità di personalizzazione. Sono gli stessi clienti che in un certo senso chiedono questo: quelli delle commerciali domandano servizi segmentati, quelli delle reti servizi olistici. È ancora presto per dire se la consulenza corporate necessiti di un modello su più consulenti (banche) o uno solo (reti) e quale dei due avrà più successo. Fondamentale sarà in entrambi i casi dotarsi di strumenti organizzativi, comportamentali, formativi, teorici e pratici per capire quale sia la migliore soluzione per rispondere con efficacia ed efficienza a ciascuna delle possibili esigenze del cliente.

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Whistleblowing

L’Istituto del “Whistleblowing” è riconosciuto come strumento fondamentale nell’emersione di illeciti; per il suo efficace operare è pero cruciale assicurare una protezione adeguata ed equilibrata ai segnalanti. In tale ottica, al fine di garantire che i soggetti segnalanti siano meglio protetto da ritorsioni e conseguenze negative, e incoraggiare l’utilizzo dello strumento, in Italia è stato approvato il D.Lgs. n.24 del 10 marzo 2023 a recepimento della Direttiva (UE) 2019/1937 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni.

Il decreto persegue l’obiettivo di rafforzare la tutela giuridica delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o europee, che ledono gli interessi e/o l’integrità dell’ente pubblico o privato di appartenenza, e di cui siano venute a conoscenza nello svolgimento dell’attività lavorativa.

Segnalazione

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